TORINO-VALDOCCO, CAPITOLO GENERALE 28
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE DEI SALESIANI
– SINTESI –
Valdocco, 16 febbraio – 4 aprile 2020
Cari fratelli!
Vi saluto con affetto e ringrazio Dio di poter, pur a distanza, condividere con voi un momento del cammino che state percorrendo.
È significativo che, dopo alcuni decenni, la Provvidenza vi abbia condotto a celebrare il Capitolo Generale a Valdocco – il luogo della memoria – dove il sogno fondativo si concretizzò e fece i primi passi. Sono sicuro che il rumore e il vociare degli oratori sarà la musica migliore, la più efficace perché lo Spirito ravvivi il dono carismatico del vostro fondatore. Non chiudete le finestre a questo rumore di sottofondo… Lasciate che vi accompagni e che vi mantenga inquieti e intrepidi nel discernimento.
Ravvivare il dono che avete ricevuto
Pensare alla figura di salesiano per i giovani di oggi implica accettare che siamo immersi in un momento di cambiamenti, con tutto ciò che di incertezza questo genera. Nessuno può dire con sicurezza e precisione che cosa succederà nel prossimo futuro a livello sociale, economico, educativo e culturale.
Assumere responsabilmente questa situazione comporta l’uscire da una retorica che ci fa dire continuamente “tutto sta cambiando” e che, a forza di ripeterlo e ripeterlo, finisce col fissarci in un’inerzia paralizzante che priva la vostra missione della parresia propria dei discepoli del Signore. Tale inerzia può anche manifestarsi in uno sguardo e un atteggiamento pessimistici di fronte a tutto ciò che ci circonda e non solo rispetto alle trasformazioni che avvengono nella società ma anche in rapporto alla propria Congregazione, ai fratelli e alla vita della Chiesa.
L’“opzione Valdocco” del vostro 28° Capitolo Generale è una buona occasione per confrontarsi con le fonti e chiedere al Signore: “Da mihi animas, coetera tolle”. Tolle soprattutto ciò che durante il cammino si è andato incorporando e perpetuando e che, sebbene in un altro tempo è potuto essere una risposta adeguata, oggi vi impedisce di configurare e plasmare la presenza salesiana in maniera evangelicamente significativa nelle diverse situazioni della missione. Questo richiede, da parte nostra, di superare le paure e le apprensioni che possono sorgere per aver creduto che il carisma si riducesse o identificasse con determinate opere o strutture. Vivere fedelmente il carisma è qualcosa di più ricco e stimolante del semplice abbandono, ripiego o riadattamento delle case o delle attività; comporta un cambio di mentalità di fronte alla missione da realizzare.
L’ “opzione Valdocco” e il dono dei giovani
L’Oratorio salesiano e tutto ciò che sorse a partire da esso, come racconta la biografia dell’Oratorio, nacque come risposta alla vita di giovani con un volto e una storia, che misero in moto quel giovane sacerdote incapace di rimanere neutrale o immobile davanti a ciò che accadeva. Fu molto più di un gesto di buona volontà o di bontà, e persino molto più del risultato di un progetto di studio sulla “fattibilità numerico-carismatica”. Lo penso come un atto di conversione permanente e di risposta al Signore che, “stanco di bussare” alle nostre porte, aspetta che andiamo a cercarlo e a incontrarlo…
Scegliendo e accogliendo il mondo dei bambini e dei giovani abbandonati, senza lavoro né formazione, ha permesso loro di sperimentare in modo tangibile la paternità di Dio e ha fornito loro strumenti per raccontare la loro vita e la loro storia alla luce di un amore incondizionato. Essi, a loro volta, hanno aiutato la Chiesa a re-incontrarsi con la sua missione: «La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo» (Sal 118,22). Lungi dall’essere agenti passivi o spettatori dell’opera missionaria, essi divennero, a partire dalla loro stessa condizione – in molti casi “illetterati religiosi” e “analfabeti sociali” – i principali protagonisti dell’intero processo di fondazione.
La salesianità nasce precisamente da questo incontro capace di suscitare profezie e visioni: accogliere, integrare e far crescere le migliori qualità come dono per gli altri, soprattutto per quelli emarginati e abbandonati dai quali non ci si aspetta nulla. Lo disse Paolo VI: «Evangelizzatrice, la Chiesa comincia con l’evangelizzare se stessa…
L’ “opzione Valdocco” e il carisma della presenza
È importante sostenere che non veniamo formati per la missione, ma che veniamo formati nella missione, a partire dalla quale ruota tutta la nostra vita, con le sue scelte e le sue priorità. La formazione iniziale e quella permanente non possono essere un’istanza previa, parallela o separata dell’identità e della sensibilità del discepolo. La missione inter gentes è la nostra scuola migliore: a partire da essa preghiamo, riflettiamo, studiamo, riposiamo. Quando ci isoliamo o ci allontaniamo dal popolo che siamo chiamati a servire, la nostra identità come consacrati comincia a sfigurarsi e a diventare una caricatura.
Vi incoraggio a continuare a impegnarvi per fare delle vostre case un “laboratorio ecclesiale” capace di riconoscere, apprezzare, stimolare e incoraggiare le diverse chiamate e missioni nella Chiesa.
In questo senso, penso concretamente a due presenze della vostra comunità salesiana, che possono aiutare come elementi a partire dai quali confrontare il posto che occupano le diverse vocazioni tra di voi; due presenze che costituiscono un “antidoto” contro ogni tendenza clericalista e rigorista: il Fratello Coadiutore e le donne.
I Fratelli Coadiutori sono espressione viva della gratuità che il carisma ci invita a custodire. La vostra consacrazione è, innanzitutto, segno di un amore gratuito del Signore e al Signore nei suoi giovani che non si definisce principalmente con un ministero, una funzione o un servizio particolare, ma attraverso una presenza. Prima ancora che di cose da fare, il salesiano è ricordo vivente di una presenza in cui la disponibilità, l’ascolto, la gioia e la dedizione sono le note essenziali per suscitare processi. La gratuità della presenza salva la Congregazione da ogni ossessione attivistica e da ogni riduzionismo tecnico-funzionale. La prima chiamata è quella di essere una presenza gioiosa e gratuita in mezzo ai giovani.
Che ne sarebbe di Valdocco senza la presenza di Mamma Margherita? Sarebbero state possibili le vostre case senza questa donna di fede? In alcune regioni e luoghi «ci sono comunità che si sono sostenute e hanno trasmesso la fede per lungo tempo senza che alcun sacerdote passasse da quelle parti, anche per decenni. Questo è stato possibile grazie alla presenza di donne forti e generose: donne che hanno battezzato, catechizzato, insegnato a pregare, sono state missionarie, certamente chiamate e spinte dallo Spirito Santo.
L’ “opzione Valdocco” e la capacità di sognare
Uno dei “generi letterari” di Don Bosco erano i sogni. Con essi il Signore si fece strada nella sua vita e nella vita di tutta la vostra Congregazione allargando l’immaginazione del possibile. I sogni, lungi dal tenerlo addormentato, lo aiutarono, come accadde a San Giuseppe, ad assumere un altro spessore e un’altra misura della vita, quelli che nascono dalle viscere della compassione di Dio. Era possibile vivere concretamente il Vangelo… Lo sognò e gli diede forma nell’oratorio.
Desidero offrirvi queste parole come le “buone notti” in ogni buona casa salesiana al termine della giornata, invitandovi a sognare e a sognare in grande. Sappiate che il resto vi sarà dato in aggiunta. Sognate case aperte, feconde ed evangelizzatrici, capaci di permettere al Signore di mostrare a tanti giovani il suo amore incondizionato e di permettere a voi di godere della bellezza a cui siete stati chiamati. Sognate… E non solo per voi e per il bene della Congregazione, ma per tutti i giovani privi della forza, della luce e del conforto dell’amicizia con Gesù Cristo, privi di una comunità di fede che li sostenga, di un orizzonte di senso e di vita (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 49). Sognate… E fate sognare!
Roma, San Giovanni in Laterano, 4 marzo 2020
Francesco