3 Febbraio 2019
LA FESTA DI DON BOSCO SUL TEMA DEL LAVORO
La Famiglia Salesiana di Perugia ha vissuto la festa del suo Fondatore DOMENICA 3 FEBBRAIO 2019 centrandola sul lavoro dei giovani e sulla formazione professionale.
Nella tavola rotonda, il direttore dell’Opera don Giorgio Colajacomo ha ripercorso il cammino del Santo patrono degli apprendisti sin dai contratti da lui firmati col giovane e col datore di lavoro nel 1851/52 (relazione a parte).
L’ imprenditore Ernesto Cesaretti ha mostrato la necessità delle aziende di figure professionali, la difficoltà a trovarne e la conseguente necessità di una adeguata preparazione professionale.
Elvisio Regni, direttore centrale dei tre Centri salesiani di Perugia, Foligno e Marsciano ne ha illustrato l’organizzazione, con la varietà degli indirizzi offerti già a partire dalla licenza media e la qualità educativa della formazione.
Ha concluso l’assessore Antonio Bartolini, sulle nuove prospettive della Regione Umbria nella revisione della Legge 30, col ripristino dei percorsi triennali e l’impegno da concordare tra tutte le parti di un adeguato orientamento alla scelta, con un cambio di mentalità che assicuri pari dignità. Al termine è stato inaugurato il nuovo e attrezzato laboratorio informatico intitolato all’exallievo Giulio Maribelli.
DON BOSCO, il lavoro, la formazione professionale 3 febbraio 2019
Mamma Margherita ha insegnato a Giovannino il valore del Lavoro. A 4 anni sfilacciava le verghe di canapa, aiutava nei campi, a 11 anni e mezzo per quasi 3 anni ha fatto il garzone di stalla (bracciante salariato) alla Cascina Moglia, a 15 a Castelnuovo, ha lavorato da un sarto, da un fabbro ferraio, a 16 anni a Chieri nei servizi di casa e come ripetitore, garzone di caffè poi e sacrestano. Ma anche in vacanza lavorava non per bisogno, col cuoio, con la stoffa, con il legno o nei campi.”L’uomo è nato per lavorare”, “Iddio mi ha fatto la grazia che il lavoro e la fatica, invece di essermi di peso, mi riuscissero sempre di sollievo.” Il lavoro era per lui strumento educativo, modo per rispondere al progetto di Dio e realizzare la propria vita. “Il lavoro non è una merce da comperare e rivendere in concorrenza. Il lavoro è la dignità dell’uomo. Deve essere rispettato e tutelato, così il lavoratore.”
Verso metà 1800, Torino era meta di flussi migratori dalle province e dalle regioni vicine (dal 1838 al 1848, aumento del 17%, + 20.000 abitanti), si avviava la prima industria. Tanti sono ragazzi, sradicati dalla famiglia, sprovvisti di istruzione, abbandonati a se stessi, cercano di guadagnarsi da vivere lavorando in cantieri e botteghe, esposti a fatiche, pericoli, orari disumani, sfruttati e sbandati. Don Bosco li incontra e li avvicina, Li trova in prigione e piange (“vedere turbe di giovanetti, tutti sani, robusti, vederli là inoperosi, rosicchiati dagli insetti, stentar di pane materiale e spirituale…ah, se avessero avuto un amico che si fosse preso cura di loro… lui sarà questo amico). Li guarda (Francesco a Panama). Intuisce il disagio sociale e spirituale dei giovani in una società che si avvia a passare da un’economia agricola ad un’economia di mercato ed interviene, con concretezza, con audacia (“Nelle cose che tornano a vantaggio della pericolante gioventù io corro avanti sino alla temerità.”). Il 1° giovane dell’oratorio è un muratore di 16 anni, il 1° ospitato in casa è un quindicenne dalla Valsesia che ha cercato lavoro tutto il giorno e giunge tutto intirizzito sotto la pioggia a Valdocco. Il primo oratorio era composto di “scalpellini, muratori, stuccatori, selciatori e di altri che venivano da lontani paesi…”
Don Bosco, ha detto Papa Francesco a Panama, ha guardato questi giovani con gli occhi di Dio e ha dato loro radici per arrampicarsi sino al cielo, onesti cittadini e buoni cristiani. E’ intervenuto con una triplice azione:
a)Nel 1849/50 creata una Società di mutuo soccorso entro la Compagnia di San Luigi, ogni socio dà 5 centesimi ogni domenica per poter dare 50 centesimi al giorno in caso di infermità, infortunio o perdita del lavoro.
b)Nel novembre 1851 il primo contratto di lavoro (tra Aimino vetraio e Giuseppe Bordone), l’8 febbraio 1852 il primo in carta da bollo di cent.40 (tra Bertolino falegname e Giuseppe Odasso).
c)Dal 1853 Don Bosco fonda laboratori professionali propri.
La sua azione si inserisce in un tessuto preesistente: sono le corporazioni di arti e mestieri medioevali, sono più tardi le istituzioni di religiosi e di nobili:
1580 Albergo di Virtù (Compagnia di San Paolo e Carlo Emanuele I, ricovero e istruzione professionali dei giovani poveri, più assistenziale),
1682 Ospizio di Carità (Vittorio Amedeo II e nobili per il ricovero degli indigenti)
1773 Opera della Mendicità Istruita (abate Di Garessio e fratel Felice Fontana degli Oratoriani di San Filippo Neri, poi dal 1830 Fratelli delle Scuole Cristiane e Suore di San Giuseppe: istruzione elementare e istruzione femminile gratuita. Da inizio ‘800 allievi artigiani collocati a bottega, visitati, assistiti con la garanzia scritta di un ‘regolatore’ con reciproci obblighi, per difendere le ragioni dell’allievo ed anche tenerlo nell’obbedienza. Don Bosco ha contatti frequenti con quest’Opera e attinge alla loro esperienza, ma la fa propria con diversa e più matura consapevolezza. Nel 1958 per questo sarà dichiarato da Papa Pio XII “patrono degli apprendisti”
Scrive infatti don Lemoyne nelle ‘Memorie Biografiche di Don Bosco’: “D. Bosco erasi adoperato eziandio in questa istituzione vinto da due altri gravissimi motivi. Egli fu tra quei pochi che avean capito fin da principio, e lo disse mille volte, che il movimento rivoluzionario non era un turbine passeggiero, perché non tutte le promesse fatte al popolo erano disoneste, e molte rispondevano alle aspirazioni universali, vive dei proletarii. Desideravano d’ottenere eguaglianza comune a tutti, senza distinzione di classi, maggior giustizia e miglioramento delle proprie sorti. Per altra parte egli vedeva come le ricchezze incominciassero a divenire monopolio di capitalisti senza viscere di pietà, e i padroni, all’operaio isolato e senza difesa, imponessero patti ingiusti sia riguardo al salario sia rispetto alla durata del lavoro; e la santificazione delle feste sovente fosse brutalmente impedita, e come queste cause dovessero produrre tristi effetti; la perdita della fede negli operai, la miseria delle loro famiglie e l’adesione alle massime sovversive. Perciò come guida alle classi operaie, egli riputava partito necessario che il clero si avvicinasse ad esse”.
Caratteristiche del contratto: Si stabiliscono gli anni di apprendistato, l’obbligo di insegnamento del mestiere, il dovere di correzione del giovane ‘con parole, non altrimenti’, divieto di utilizzarlo per lavori estranei o superiori alle sue forze, diritto di assenza per 15 giorni per malattia od altro, salario settimanale progressivo, 15 giorni di ferie, docilità ed assiduità del giovane.
Don Bosco fonda laboratori propri perché ne vede la necessità, per evitare i pericoli della città e per garantire migliore formazione. Il primo, avviato nel 1853, è per calzolai e poi per sarti, seguito nell’autunno 1854 da quello di legatoria; nel 1856 è inaugurato quello di falegnameria; nel 1861 è autorizzato quello della tipografia ed infine, nel 1862 quello dei fabbri-ferrai. Così pure pensa all’alloggio per alcuni. Per un pieno recupero dei ragazzi Don Bosco punta sul lavoro come strumento educativo, Non basta l’assistenza religiosa, occorre l’assunzione con responsabilità degli impegni professionali. E vuole i suoi centri professionali all’avanguardia.
Ulteriore sviluppo dei laboratori (dopo il 1862)
Negli ultimi anni di vita del fondatore, i Salesiani aprirono «scuole di arti e mestieri» a Sampierdarena-Genova e a San Benigno Canavese. In Francia videro la luce gli «Ateliers professionnels di Nice, Marseille e Lille. In Argentina l’iniziativa riguardò i «Talleres» di Almagro, Buenos Aires. In Uruguay si organizzarono laboratori a Montevideo; in Brasile a Niteroi, Rio de Janeiro, São Paulo. In Spagna a Sarriá-Barcelona.
Don Bosco partecipa all’Esposizione nazionale dell’industria, della scienza e della tecnica nel 1884, presentando l’intero processo di realizzazione del libro a partire dalla fabbricazione della carta, alla stampa, alla rilegatura e alla commercializzazione. Così faranno i Salesiani. “Noi Salesiani, dicevano i programmi di oltre un secolo fa, se vogliamo lavorare proficuamente a vantaggio dei figli del popolo, dobbiamo muoverci e camminare col secolo, precedendolo anzi sulla strada dei veraci progressi. Le scuole professionali debbono essere palestre di coscienza e di carattere e scuole fornite di quanto le moderne invenzioni hanno di meglio negli utensili e nei meccanismi, perché ai giovani alunni nulla manchi di quella cultura, di cui vantasi giustamente la moderna industria.”
Così fanno i Salesiani oggi in 132 nazioni del mondo.